Lunedì scorso Daniele Pasquini è stato invitato a parlare di Io volevo Ringo Starr in una classe di un istituto superiore.
Ha scritto un resoconto per noi. Eccolo qua:
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Ringo Starr in classe
di Daniele Pasquini
Entro nella classe II°F scortato dalla professoressa e cerco di capire dalle occhiate dei ragazzi se posso essere considerato uno di loro o se sono già sufficientemente vecchio da essere inserito nell’infinita schiera degli altri. Me lo domanderò fino alla fine.
Nei banchi in prima fila stanno quattro-cinque ragazzine che sono il riassunto di tutto l’immaginario collettivo sul mondo delle adolescenti. È l’8 marzo, faccio gli auguri a tutte le ragazze.
In classe hanno letto Io volevo Ringo Starr, e adesso dovremo parlarne.
Hanno alcune curiosità, un ragazzo moro inizia.
Qual è il significato del titolo?
Ma è una storia vera?
Quei personaggi sono esistiti veramente?
Perché ci sono gli aneddoti storici?
Perché l’epilogo?
Quanto c’hai messo a scriverlo?
Rispondo cercando di non fare il professore, ma evitando slang e pesanti inflessioni dialettali.
Sembra ascoltino.
Sono finite le domande, adesso bisogna improvvisare.
La professoressa mi aveva avvisato: non leggono. Pensano solo a Uomini e Donne e al Grande Fratello. Cosa leggevi tu, alla loro età?
Ed io mi ero attrezzato: estraggo tutto fiero dalla borsa alcune roccaforti della mia formazione, sperando di incuriosirli.
Parto dall’immancabile Brizzi, non lo conoscono.
1984 di Orwell. Gli racconto del vero Grande Fratello, e del fatto che quello che era un romanzo fantascientifico è diventato un romanzo storico.
Jack Kerouac, On the road. Provo a dire che un tempo non esistevano i giovani, li hanno inventati tra le due guerre mondiali in America. L’età del jazz. Poi i college. Poi il beat. Poi la gioventù di massa, il rock n’roll. La strada, i sogni.
Faccio passare il libro: è troppo lungo.
Altri libri? Altri libri.
Si emozionano solo quando vedono Novecento di Baricco. Bello profe, son 60 pagine. Leggiamo quello.
Finisce così il capitolo “i romanzi che ti piacevano alla nostra età”.
Un ragazzo che aveva particolarmente apprezzato il mio libro tira fuori una chitarra e fa sentire a tutti una sua canzone. Non potevo portare l’elettrica. Con l’acustica posso suonare solo uno dei brani che facciamo col gruppo. Inizia a suonare e a cantare. Lui è molto bravo ed il pezzo è buono. Applausi.
Poi una ragazza mi chiede ma hai sempre voluto fare lo scrittore – cioè – quando ti è venuto in mente?
Spiego come stanno le cose, e sembrano allibiti. Chiedo un po’ quali sono i loro sogni. Silenzio.
Boh. Non so. Non lo voglio dire.
La più audace sogna di dormire una notte dentro la coop.
La professoressa mi guarda e sospira. Non so bene che dire, quindi invito tutti a procurarsi un bel sogno entro una settimana, prima che sia troppo tardi. Cerco di non fare il guru, di dire quel che penso.
Suona la campanella, nella ventina di encefali presenti le sinapsi si attivano impazzite, e le cartelle sono già ricomposte e in un secondo la classe è vuota.
Restiamo io, la professoressa, il ragazzo della chitarra e una di quelle della prima fila, una che ascolta De André. Mi salutano e mi ringraziano, poi vanno via anche loro, e inizio a scendere con la professoressa.
È molto contenta: è andata benissimo, dice.
Non mi sarei mai aspettata così tanto ascolto e partecipazione ed entusiasmo. È tantissimo, per il loro livello. Sono convinta che questo incontro gli resterà impresso.
Ringrazia, ri-ringrazio, e alla fine torno verso casa.
Rimetto i libri che avevo mostrato ai ragazzi nella libreria.
Osservo la copertina di 1984. Stasera c’è la finale del Grande Fratello 10. Immagino le ragazze della prima fila che festeggiano il loro 8 marzo davanti a canale cinque, e sogno che almeno qualcuna provi un po’ di fastidio.
Alla fine ha vinto Mauro.
carino, il resoconto. davvero.
seconda F: o è un liceo classico, e quindi hanno 17 anni, oppure è una seconda superiore e ne hanno 14, 15. e – in effetti – cambia parecchio.
Daniele ne ha 21/22.
io ho molta fiducia. sempre.
alla fine noi [“trentenni”] siamo stati lasciati a noi stessi. pensavo, tempo fa, che io non ho avuto *maestri*. nessuno mi ha insegnato nulla. non ho avuto un professore uno, che mi abbia insegnato sul serio. mi spiace dirlo, eh.
da una parte penso che sia giusto così.
dall’altra credo che il sistema dell’insegnamento – uno verso molti, una cattedra a separare, programmi da seguire, il sette che è meglio del sei ecc. – sia poco utile.
alla maturità c’era una traccia su Pavese. noi arrivammo a malapena al Verismo. io scelsi la traccia libera, e scrissi di Mad Max e di scenari postatomici.
alcuni professori ci davano del Lei, ci chiamavano per cognome. era gente – a volte – molto preparata, ma “distante”.
poi, più in là, Pavese l’ho letto tutto. ma nessuno mi ha mai detto di farlo.
non so… è molto complicato. l’unica cosa che mi sento di dire è che c’è qualcosa di sbagliato.
e-
E’ una seconda liceo scientifico, quindi 14-15.
La cosa di noi trentenni lasciati a noi stessi non mi trova molto d’accordo: non ci hanno lasciato a noi stessi, a dir la verità, è che ci siamo trovati a diventare adulti in un periodo sfortunato, capita a molte generazioni.
Io credo che tutte le persone che in qualche modo toccano le nostre vite ci insegnino qualcosa, anche quelli che apparentemente sembrano inutili. E non è che lo dico per fare quella sempre retorica e ottimista per forza, è che credo davvero che sia così. La scuola non è che deve per forza essere chissà quale baluardo di educazione, non è solo a scuola che ci si deve educare e istruire. Certo le cose che nella scuola non funzionano, e ce ne sono tante, mi fanno incazzare ma dare alla scuola un ruolo più importante di quello che in realtà dovrebbe avere è un grosso errore.
i tuoi “maestri”, Chia’?
ne hai avuti?
[anche non a scuola]
[racconta…]
baci,
e-
[ah: non valgono i libri]
I libri non valgono? E nemmeno i film?
Ohi 🙁
Non ho voglia ora di fare racconti, ma credimi, e non può valere solo per me: ogni persona che hai incrociato ti ha dato qualcosa e ti ha fatto diventare quello che sei. A meno che tu non abbia vissuto in perfetto esilio 😛
sì, questo è verissimo.
però sento la mancanza di maestri-maestri.
e-
Interessante questo resoconto. Augurissimi per il libro. Deve essere stata un po’ difficile avere a che fare con ragazzi che non hanno sogni, tristissimo, però non è andata male, magari gli hai trasmesso un segnale positivo 😉 .
Ancora auguri.